La figura del barman è in continua evoluzione e rispecchia la moderna società. E’ un mestiere che unisce tecnica e creatività, fantasia e una formazione rigorosa. La formazione e l’aggiornamento continuo sono indispensabili, anche perché l’unico modo di poterle infrangere le regole è conoscerle, anche nel mondo del bere miscelato.
Abbiamo incontrato Valentina, e il suo speciale cocktail “Tropical Bibione”, che eccezionalmente si beve all’Havana, in occasioni molto speciali.
Come è nata questa passione e come l’hai portata avanti?
Ho sempre amato, fin da quando ero piccola, esprimere la mia creatività. Quando ho iniziato a lavorare in bar e mi sono avvicinata al mondo dei drink, ho scoperto che esiste una cultura tutta da studiare e mi ci sono buttata a capofitto. Ci sono tantissime cose da sapere: i vari tipi di bicchieri, i vari tipi di alcolici e come si abbinano fra di loro. Tutto questo prende il nome di mixologia, ovvero l’arte della creazione di cocktail belli.
Che nome ha il cocktail?
Pensando al colore, questo blu che ricorda molto il mare, possiamo riadattare il nome americano “Tropical Sunrise” a “Tropical Bibione”.
Una cosa che mi colpisce dei tuoi cocktail è il colore, perché sono sgargianti
Credo che i miei cocktail siano molto personali e amo il colore perché grazie a quello cerco di trasmettere la mia passione per il disegno, anche se cerco sempre di seguire la linea della semplicità.
Qual è il primo senso che deve colpire il cliente?
La vista è sicuramente molto importante, visto che oggi l’estetica è quello che conta in una prima impressione. Un altro senso che ha importanza è l’olfatto perché la persona annusa prima di assaggiare. Una volta che piace anche a livello di gusto, lì c’è la soddisfazione al 100%.
Per te ogni cocktail che crei è legato ad un emozione?
Sì, assolutamente. Ogni locale ha i drink classici, che sono sempre buoni ma standard, anche con decorazioni particolari. Io invece preferisco conoscere la persona, chiacchierare con lei e capire come è per poi farle un cocktail proprio ad hoc, in modo che dica “questo sì che è il mio cocktail”.
Un ingrediente che non manca mai nei tuoi cocktail o a cui non riusciresti a rinunciare?
Sicuramente la frutta, non riesco a farne a meno! Un ingrediente alcolico invece che mi piace molto e che è una sorta di firma è il gin, insieme al rum. Certi cocktail non li richiedono, ma di solito parto sempre da quei due. Non mi piacciono i cocktail dolcissimi, quando faccio un cocktail troppo dolce vado a smorzarlo con qualcosa di acido o amaro.
Che cocktail hai portato dall’America?
Ho portato il “Tropical” (foto). Un altro cocktail che mi sta appassionando tantissimo, sempre dall’America, e che vorrei riproporre si chiama “Iceberg”. E’ particolare perché è caratterizzato da una decorazione che ricorda il Titanic. Devi bagnare il bicchiere con il pernod per aromatizzarlo, poi aggiungi la vodka lemon.
Ti ispiri a qualche bartender in particolare?
Vedo moltissimi film la cui trama ruota attorno a un locale. Non ho un barman o una barlady che seguo particolarmente, mi piace andare in giro, assaggiare, guardare come muovermi e prendere da ogni persona che incontro qualcosa, come ho fatto quando sono stata in America. Per me anche chi non sa ti può insegnare tantissimo, perché ti può stupire.
[written by Sara B.]
You might also like
- Frollatura della carne: più gusto alle grigliate di Havana.
- I Burger golosi a Bibione si mangiano all’Havana
- Havana, tutti gli orari dicembre 2020
- I ristoranti, per prima cosa sono “esperienze”